L’approccio alle esigenze del Cliente

L'approccio alle esigenze del Cliente

Riproduci video

Porcia, 28 Agosto 2020

Il video di presentazione della mia attività, prodotto in collaborazione con lo staff di Cam.Tv, si pone l’obbiettivo di presentare il mio approccio alla progettazione di sistemi elettronici e di progettazione di master per PCB.

Nel video spiego che il mio approccio alla progettazione, frutto di dieci anni di esperienza nel settore e di un percorso ad indirizzo olistico, si basa sulla comprensione delle necessità del cliente, sul pianificare i vari step in base alle risorse disponibili e sulla ricerca delle soluzioni più efficienti che garantiscono il miglior compromesso tra qualità e costo finale.

Ho voluto sottolineare quanto per me sia importante il tema della comprensione delle “necessità del cliente”, mettendolo al primo posto nella lista delle priorità.

Non si tratta di un argomento nuovo anzi, nelle presentazioni aziendali di qualsiasi settore, si parla spesso dell’importanza che il cliente ricopre e di come accogliere e soddisfarne le richieste.

La parola comprensione aggiunge un elemento di fondamentale importanza al tema. 

Possiamo ragionare sul concetto di soddisfazione del cliente, scisso dalla sua comprensione.

Soddisfare un’esigenza è un processo che richiede esperienza e competenza. Esperienza per capire quali problemi potrebbero presentarsi in corso d’opera, competenza per capire come risolverli.

Capita spesso all’inizio di un nuovo progetto, che questi aspetti siano disponibili solo in parte in quanto ogni progetto è una storia a sé e gli imprevisti o le difficoltà che si possono incontrare, spesso non possono essere risolte attingendo ad esperienze passate .

E’ necessario quindi attingere ad ulteriori risorse quali energia, forza, determinazione, intraprendenza, tempo e dedizione, che permetteranno di creare nuove competenze ed esperienze, utili ad oltrepassare la situazione di difficoltà.

Cosa rende allora così importante la parola comprensione?

Vediamolo..

Tutto il lavoro che si compie per soddisfare un’esigenza, risulterà limitato se non viene COMPRESA esattamente l’esigenza stessa.

La comprensione è un processo estremamente complesso e strettamente personale, legato alle esperienze di vita vissute e alle propensioni personali.

Alcuni motivi per cui capita che non ci sia comprensione tra il cliente e il fornitore sono: difficoltà di comunicazione, difficoltà di concentrazione, distrazioni dovute all’ambiente, obiettivi non coincidenti, diverse aspettative, paure.

Oltre a questi, esistono motivi più profondi, legati a processi psicologici ed emotivi della persona che, giocoforza, si manifestano anche nell’ambito lavorativo.

Esistono numerose pratiche che permettono di migliorare la capacità di comprensione di Sé e del Prossimo.

Personalmente, ho seguito un percorso di formazione che mi ha permesso di affrontare la tematica, abbracciando diversi ambiti di studi, dalla PNEI alle neuroscienze, dalla Mindfullnes psicosomatica alle pratiche di consapevolezza.

Queste pratiche non sono un ciclo di formazione chiuso e fine a se stesso, ma offrono un’approccio esperienziale quotidiano, rivolto ad ogni ambito della vita di tutti i giorni, coadiuvato da un ascolto e un’analisi degli eventi che permettono, grazie alla acquisizione di informazioni sempre nuove, di evolvere in continuazione.

Si tratta pertanto di un moto di miglioramento continuo, che permette di perfezionare la capacità di comprensione in base alle situazioni che si affrontano, alle emozioni che si percepiscono e alle esperienze che si vivono. Il tutto contribuisce all’evoluzione personale.

L’analisi di quanto accade quotidianamente permette di migliorare le proprie capacità di comprensione, contribuendo così all’evoluzione personale.

Dare priorità a questo processo permette nel lungo periodo di utilizzare energie in situazioni costruttive per sé e per le persone con cui interagiamo. La naturale conseguenza di questo lavoro, e non il fine principale, produrrà un miglioramento delle interazioni tra i professionisti, i dipendenti, le aziende, il cliente e il fornitore, un miglior utilizzo delle risorse e un ottimizzazione dei processi, con una percentuale maggiore di successo dei progetti.

L’approccio che ho scelto di perseguire con forza, rivolto alla comprensione delle esigenze, ed in generale alla comprensione del Sé e del Prossimo, si rivela quindi il cardine su cui baso la mia attività professionale ed il mio stile di vita di tutti i giorni.

Domenica

Domenica

Porcia, 23 Maggio 2020

Dal 18 Maggio 2020, sono state rimosse gran parte delle limitazioni introdotte durante questi mesi particolari di lockdown.

Un po’ alla volta cominceremo a dimenticare il silenzio interrotto dal canto del Cuculo, la pace nelle strade, la gioia del vivere in famiglia, le piccole faccende quotidiane svolte senza fretta, la sveglia all’orario preferito, la sensazione che sia sempre Domenica.

Ben presto, invece, verremo completamente riassorbiti dalle giornate fitte di appuntamenti, dal lavoro, dal fare la spesa, dalla casa da gestire, dai figli da accudire.

Si ricomincia con nuove abitudini, da aggiungere alle vecchie, e ci sono ancora limitazioni e regole da seguire.

Ci sono guanti e mascherine. Prima di uscire di casa, ripeteremo dentro di noi “prendo mascherina, chiavi, cellulare, portafoglio” anziché “prendochiavi, cellulare, portafoglio”.

Ci sono le code fuori dalla gelateria, dal bar, dal parrucchiere, dall’alimentari, dal negozio. Prenderemo appuntamento per qualsiasi attività.

Ma per quanti giorni alla settimana faremo tutto questo? La risposta è per 7 giorni alla settimana.

Alla domenica, infatti, rimarranno aperti bar e ristoranti, come sempre, ma anche negozi e centri commerciali, come negli ultimi anni, oltre che, novità post-Covid, parrucchieri ed estetiste.

La Domenica in famiglia tornerà a essere un giorno qualunque della settimana per tantissimi lavoratori e non. 

Tornerà ad essere il giorno della spesa per le persone costrette ad orari difficili durante la settimana.

Tornerà ad essere il momento preferito della famiglia per lo shopping.

Storicamente, perlomeno dall’avvento del Cristianesimo, la Domenica è diventata il Giorno del Signore per gran parte del popolo.

È tornando ai nostri giorni che la Domenica ha perso parte del suo valore originario, cioè quello di essere un giorno da dedicare al riposo, al culto religioso, alla famiglia. 

La percentuale di chi oggi lavora la Domenica è sicuramente aumentata, mentre dall’altro lato chi non lavora occupa questa giornata per quelle attività che durante la settimana non può fare, shopping al centro commerciale, spesa al supermercato, riposo davanti alla televisione e alle serie TV preferite, per citare alcuni esempi.

Nel tempo abbiamo quindi sempre più perso il giorno della settimana in cui si poteva rallentare, dare spazio a pensieri profondi, al silenzio, alla noia, in pratica a quelle attività da cui ora fuggiamo, nascondendoci nel lavoro e nella frenesia della società odierna.

Il lockdown ha regalato a gran parte della popolazione oltre due mesi in cui tutti i giorni potevano essere considerati una domenica. Oggi, nella cosiddetta fase 2, possiamo decidere di regalarci delle domeniche di pace, con la possibilità di scoprire nuove dimensioni, addentrandoci nella natura, nel rallentare il tempo, nel vivere al di fuori del rumore della società per tornare nel canto della natura.

È nostra responsabilità cercare di capire dove possiamo trovare un equilibrio, un punto di unione tra i due stili di vita che abbiamo vissuto.

Da una parte vedremo frenesia, lavoro, consumismo, riempimento, dall’altro troviamo spazio vuoto, calma, natura, relax.

La società non è quella che ci viene imposta, ma quella che scegliamo. 

Abbiamo la facoltà di scegliere, tramite le nostre azioni, di tornare al concetto di intimità che abbiamo vissuto nella fase di lockdown. Senza clienti, le attività chiuderanno autonomamente in tale giornata. Anche chi lavora in aziende che tengono aperte alla domenica può scegliere di dimettersi per trovare un’occupazione che si allinei maggiormente con il loro sentire e che conceda loro il turno di riposo nel giorno della famiglia. 

Oppure, abbiamo la facoltà di scegliere che tutto rimanga come prima del lockdown.

Non c’è una scelta migliore o peggiore, c’è solo una scelta che possiamo compiere.

OnLine

OnLine

LogoSitoAndreaGuglielmini

Porcia, 25 Maggio 2020

Con l’inserimento del logo, da oggi il sito è ufficialmente OnLine.

Creare un proprio sito ed esporre il proprio personal brand è un passaggio che ha richiesto tempo.

Ma non tempo tecnico.

Tempo di introspezione, tempo di domande, tempo di ricerca di consapevolezza, tempo alla ricerca di fiducia in se stessi.

Essere OnLine per un’azienda o per un libero professionista è indispensabile al giorno d’oggi.È la moderna vetrina del proprio negozio. 

Creare contenuti che possano attirare l’attenzione di chi passa per l’affollata strada digitale del mondo moderno è una sfida importante e spesso sottovalutata.

La consapevolezza di voler esporre il proprio sentire, la propria missione, è il principale strumento che ha permesso di strutturare questo sito, che abbraccia al meglio delle mie possibilità ciò che oggi sono, sento, voglio essere.

Il logo del sito vuole rappresentare quest’idea grazie a diversi elementi i quali, come in un unione di pezzi di un puzzle raffigurante il percorso di trasformazione e ricerca interiore svolto fin qui, creano il disegno globale.

Mi accompagnerà fintanto che la mia persona si sentirà allineata a ciò che rappresenta e per questo motivo ha richiesto settimane di lavoro in collaborazione con l’artista che lo ha creato, Elisa, che ringrazio.
Ringrazio anche la mia guida in questo percorso, Umberto.

Ringrazio sin d’ora chi si vorrà fermare a guardare la mia vetrina ed entrare nel mio negozio..

Porgo un caloroso abbraccio a tutti i passanti di queste vie digitali.

Namasté

“… al tocco della matita sul foglio, i singoli elementi hanno preso forma e come tasselli di un puzzle si uniscono per creare il disegno globale”

 

Questa non può che essere una Fake News

Questa non può che essere una Fake News

Porcia, 22 Aprile 2020

Se stai leggendo questo articolo, molto probabilmente ti stai chiedendo quale sia la Fake News di cui sto parlando. 

Vuol dire anche che il titolo “acchiappa click” ha funzionato.

Sì, perché qui non troverai alcuna notizia, ma solo una serie di mie personali “regole” che utilizzo per aiutarmi a capire quando mi trovo di fronte a una cosiddetta Fake News.

Cos’è una Fake News?

Traducendo alla lettera, parliamo di Notizia Falsa. Per definizione, si intendono quelle notizie create appositamente per disinformare, creare scalpore, manipolare le masse e i popoli.

Tuttavia, si tratta di una definizione limitata di quello che, a mio parere, sta creando un problema enorme nella società odierna.

Provo a spiegare il perché in un breve ragionamento. 

Una notizia dovrebbe riportare un fatto accaduto nella realtà in maniera più oggettiva possibile. 

È facile immaginare come questo sia molto difficile. Infatti, se facessimo un semplice esperimento e chiedessimo a 10 persone di raccontare, attraverso un articolo, lo stesso evento vissuto da osservatori, avremmo sicuramente 10 interpretazioni completamente differenti l’una dall’altra.

Questo perché ciò che raccontiamo dipende, come al solito, dal nostro stato di coscienza, dalla nostra consapevolezza e dalle esperienze precedenti vissute.

Da questo punto di vista, quindi, tutte le notizie non sono coerenti con la realtà e sono in parte sempre dei “fake”, perché frutto di un osservatore che, per quanto professionista e attento, è prima di tutto un essere umano e offre una sua interpretazione di ciò che sta osservando.

Il secondo problema, e secondo me il più importante, è che oggi c’è una sovrabbondanza di informazioni. Al mondo dell’informazione classica si è aggiunto il mondo di internet, costringendo in qualche modo chi scrive a trovare escamotage di qualunque tipo per ottenere visibilità, che si traduce ovviamente in introiti economici per sopravvivere. Non è necessariamente un male, anzi, permette una libertà di espressione mai vista, ma spesso per il raggiungimento di questo obiettivo si usano titoli forti, un esempio banale è proprio il titolo di questo articolo, oppure notizie costruite in modo tale da toccare le corde emotive di chi legge.

A questo, si aggiungono moltissime informazioni veicolate tramite video o immagini che tentano di dar sfogo a rabbie e frustrazioni, amplificando ed estremizzando fatti o frasi riportate da personaggi pubblici.

Diventa indispensabile assumerci la responsabilità di costruirci un filtro per riuscire a districarsi in questo mare di informazioni, con l’obbiettivo di farsi una propria idea il più obbiettiva e promuovente possibile sugli argomenti di nostro interesse.

Come riconoscere quindi una Fake News? 

Più che riconoscerle, per quanto esposto sopra, ritengo utile imparare a cogliere l’informazione sviscerandola dal contesto e dalla storpiatura di chi ha reso disponibile l’informazione stessa.

Di seguito una breve lista di controlli che chiunque può fare. La lista di controlli è pensata per essere seguita in ordine di importanza e ci permette di scartare immediatamente le notizie totalmente inventate.

Il primo passo consiste nel registrare l’emozione che ciò che si sta leggendo o guardando genera dentro di sé. Mi colpisce facendomi arrabbiare, indignare, sorridere, rimanere incredulo? Genera odio verso una categoria, una persona, un ideale? Oppure mi colpisce generando compassione, dispiacere, indignazione? 

L’emozione registrata la memorizzo, mi servirà alla fine dell’analisi.

Proseguiamo osservando il sito di appartenenza dell’articolo. Alcuni siti creano notizie Fake con il solo intento di farci sorridere (e lo dichiarano apertamente), magari dopo averci fatto “indignare” con un titolo totalmente fuorviante. Non c’è nulla di cui preoccuparsi, sorridiamo e terminiamo qui l’indagine.

Se il sito non appartiene a questa categoria, potrebbe essere un sito mainstream, associato a qualche giornale, oppure il sito di un libero pensatore. È importante sapere chi è l’autore, perché ci da modo di sapere qual’è il filtro che sovrappone alla realtà o al pensiero che sta esprimendo e da che punto di vista la osserva. Cerchiamo di non giudicarlo, ma solo osservarlo. 

A questo punto, clicco nell’articolo, se possibile. Per il concetto espresso sopra, non è possibile soffermarci al solo titolo. Se non ho voglia di approfondire, cerco di ignorare quanto visto, in quanto non posso essere sicuro di ciò che ho letto. Rimarrà nella memoria finché non avrò conferma, magari da un’altra fonte, nel futuro.

A volte, la prima emozione che ci sale ci spinge a commentare o arrivare a conclusioni senza entrare nel dettaglio. Per questo è importante il primo punto, l’osservazione della prima emozione.

Prima di iniziare a leggere, verifichiamo la data in cui è stato scritto. Se non fosse coerente con il periodo storico in cui ci troviamo, anche solo di poche settimane, potrebbe contenere informazioni datate e non coerenti.

Cerchiamo di fare qualche controverifica del contenuto. Questa fase si può prendere in considerazione anche per immagini contenenti informazioni o video. Per esempio, se troviamo riferimento ad un tweet di in personaggio famoso, andiamo nel profilo di riferimento e lo cerchiamo (spesso è un tweet inesistente), oppure verifichiamo se le informazioni riportate sono anche segnalate da qualche altra fonte e in che modo, magari cercando anche in siti stranieri, se possibile. 

Se ci sono rimandi a eventi storici, li verifichiamo puntualmente.

Terminati questi passaggi, torniamo con la memoria all’emozione iniziale e confrontiamola rispetto a come ci sentiamo ora.

Probabilmente, saremo in grado di costruirci una nostra idea di realtà, basata sulla comprensione e sul nostro stato di coscienza. Di conseguenza, potremmo anche costruire una nostra idea o opinione, sapendo che non sarà quella definitiva, in quanto una nuova informazione ci darà l’opportunità di ampliare quanto conosciamo e mutare la nostra consapevolezza e il nostro stato di coscienza, permettendoci di evolvere e far evolvere i nostri pensieri e le nostre opinioni.

Questo processo per me è diventato uno schema  automatico, tanto che lo applico a qualsiasi informazione di cui vengo a conoscenza, che mi permette di costruire un’idea buona di ciò che accade sulla base delle mie competenze e della mia coscienza, un’idea che evolve e si adatta molto bene al cambiamento della mia persona e della società in cui vivo.

 

Dietro ogni maschera

Dietro Ogni Maschera

Porcia, 19 Aprile 2020

In questo periodo, in gran parte d’Italia, è quasi comune l’utilizzo di mascherine di protezione contro il virus Covid-19 ogni volta che si esce dal terreno privato. 

Siamo entrati in una nuova normalità, dopo settimane di cambiamenti drastici, che ci fa sentire nuovamente sicuri di poter vivere la nostra vita, seppur con evidenti limitazioni alla libertà di movimento e personale.

Viviamo anche una profonda spaccatura del tessuto sociale, per cui questa normalità assume differenti sfumature percettive per ognuno di noi. Non è infatti raro che ci siano evidenti screzi tra cittadini, ognuno convinto che la propria idea sia la migliore possibile, sentendosi quindi nella posizione di poter giudicare e additare il prossimo come nemico giurato.

La psicologia, ma più in profondità le nuove scienze, ci spiegano che le reazioni difficilmente si basano sulla realtà oggettiva dei fatti, bensì sulla percezione di essa. Questa percezione può essere distorta dalle informazioni acquisite e dal livello di comprensione di esse, a sua volta dipendente dal nostro stato di coscienza.

Esiste quindi qualcuno che può comprendere meglio e giudicare meglio? No, semplicemente ognuno di noi vive nel rispetto del proprio vissuto, della propria “maschera della vita”, che gli permette di stare al mondo e sopravvivere sentendosi parte del tessuto sociale.

Semplificando, possiamo dire che la nostra mascherina l’indossavamo già da molto tempo. Talvolta la mascherina prende forma di una professione (dottore, professore, operaio, agricoltore, etc.), talvolta prende forma di ruolo sociale (padre, madre, nonno, zio, etc.), talvolta prende le forme momentanee più disparate (automobilista, ciclista, podista). Infine, ma non per importanza, la maschera più evidente, cioè quella inerente i tratti somatici e fisici.

Appare evidente che possiamo indossare più di una maschera, cambiandola anche molte volte durante il giorno. Per ognuna di esse, i nostri comportamenti cambiano, le nostre percezioni cambiano, il rapporto con le persone è diverso, e tutti lo sperimentiamo tutti i giorni. Spesso, mentre abbiamo indosso una maschera, rispondiamo a ciò che ci accade con i meccanismi di un’altra maschera. 

Per esempio, durante una cena in famiglia, rivestendo i ruoli del nonno, veniamo stuzzicati su un argomento inerente alla nostra professione ed ecco che immediatamente cambiamo modo di parlare, di reagire, di raccontare.

Differenti maschere, stessa persona, stessa anima al di sotto di esse.

Correndo per la strada, ho incontrato moltissime persone che conoscevo, magari solo di vista perché facenti parte del vicinato, rendendomi conto che non ero minimamente in grado di riconoscerle a prima vista.

Mi sono dovuto concentrare con presenza a dei dettagli che normalmente non consideravo: lineamenti degli occhi, colore delle pupille, portamento, vestiario, capelli, lineamenti della fronte, intensità dello sguardo.

Mentre esultavo dentro me per essere riuscito a riconoscere questa persona con successo grazie a questo sforzo, mi sono chiesto: ma quante volte mi sono soffermato su tutti questi dettagli, andando oltre la “maschera” che ogni individuo porta con sé?

Ben poche volte, per scoprire magari che la persona che conoscevo con una determinata maschera in realtà aveva un mondo dietro, fatto di vissuti, di storie ed esperienze che lo rendono umano tanto quanto me, unico tanto quanto me.

Come sempre, proviamo a cogliere il buono da ciò che ci accade e trasformarlo in opportunità. 

Cosa accadrebbe se ogni giorno, scendendo di casa, tutti quanti provassero ad andare oltre “le maschere”, leggendosi negli sguardi gli uni con gli altri?

E cosa accadrebbe se, finita l’emergenza, continuassimo ad andare oltre la maschera invisibile che tutti portiamo appresso?

Io sono convinto che ci sarebbe maggiore comprensione, umanità, meno rabbia, meno tensioni, maggiore pace.

Perché in fondo anche due maschere tra le più diverse possibili nascondono dietro di esse un essere umano, una coscienza, un’anima il cui scopo è quello di vivere le proprie esperienze e di evolvere sulla base di esse.

 M

Il ricordo del silenzio

Il ricordo del silenzio

Porcia, 13 Aprile 2020

In questi giorni l’umanità sta forse vivendo la più grande sfida dell’era moderna. 

Nel corso della storia, innumerevoli sono state le occasioni in cui l’uomo si è trovato ad affrontare emergenze o calamità di vario tipo. Terremoti, tsunami, pesti, pandemie, sono tutte parole che in quest’epoca associamo solitamente ad un ricordo passato, ad un’altra epoca o a eventi geograficamente lontani e circoscritti. 

La tecnica attuale, l’industria farmaceutica, Internet ci hanno in qualche modo dato una sorta di sicurezza, di immunità a quegli eventi che possano mettere in discussione la nostra sopravvivenza come specie. 

Nonostante questa sicurezza, ci sono degli indizi che fanno pensare al fatto che nel profondo, a livello di umanità, un dubbio, una paura nascosta, una voce di allarme, si celi dentro di noi.

La filmografia Hollywoodiana, negli ultimi 30-40 anni, ha prodotto moltissimi film che vedono l’umanità intera coinvolta in qualche sorta di estinzione di massa o pandemia dando modo a questa voce di esprimersi.

Tuttavia, immersi nel caos delle nostre frenetiche vite, il tempo che dedichiamo a questi temi si esaurisce alla fine della visione di questi film.

Oggi ci troviamo nell’intimità delle nostre case, costretti a rallentare il nostro tempo e vivere in una dimensione per molti di noi del tutto nuova. Un minuscolo virus, invisibile e sconosciuto, sconvolge totalmente la piramide delle nostre priorità, tanto che le piccole cose a cui prima davamo tanta importanza, oggi assumono un significato totalmente diverso e lontano. 

Quella che stiamo vivendo non sarà una dimensione eterna e prima o poi torneremo ad una condizione di vita tranquilla, ma cosa ci resterà di questa esperienza collettiva, cosa sarà importante ricordare?

Come primo elemento, possiamo notare come in questi giorni, provando ad alzare gli occhi al cielo, si può godere della visione di un cielo diverso rispetto al solito, che chi è giovane come chi scrive, a mala pena ricorda come parte di un passato lontano. 

Se non abbiamo certezze sul fatto che siano dannose per il clima o per la salute dell’uomo, di certo le scie degli aerei rendono la trama del cielo in qualche modo artificiale, una trama fitta di linee rette che si intrecciano come in un tessuto. 

Le nuvole che invece solcano indisturbate i cieli di oggi ci riportano ad uno stato di naturalezza delle cose, ad una forma d’arte non artificiosa, naturale, armoniosa, come solo il vento sa scolpire.

E alzare oggi gli occhi al cielo riporta il nostro animo ad un senso di armoniosa pace, un naturale senso di relax, di natura, di gioia.

Questa sensazione di benessere possiamo poi estenderla portando presenza dagli occhi alle nostre orecchie.

Se portiamo attenzione a ciò che sentiamo, il silenzio di questi giorni è talmente diverso rispetto ai rumori di prima che possiamo dire che quando si sente un’automobile passare, cosa che accade assai di rado in questi giorni, la sensazione che si manifesta in noi può essere associata ad un fastidio, talmente alto è il rumore che questo mezzo genera rispetto al silenzio in cui ci troviamo.

Personalmente, prima d’ora sentivo questa sensazione quando, nelle lunghe escursioni in montagna, una volta raggiunta la cima, la quiete del luogo veniva disturbata dal rumore assordante di un aereo da caccia o dal rumore trasportato da una folata di vento di qualche camion che correva in qualche autostrada molte centinaia di metri più in basso.

Oggi, ascoltando con presenza, si sentono il dolce canto degli uccelli, il leggero fruscio delle fronde degli alberi spostati dal vento, il chiacchierio nascosto delle famiglie chiuse nelle loro dimore e l’abbaiare dei cani stimolati dal passaggio dei pochi che si avventurano per le strade con lo scopo di far espletare i bisogni al proprio animale da compagnia.

Ci ricorderemo di tutto questo quando gli aerei e il traffico delle auto e dei camion sovrasteranno nuovamente il silenzio della tranquillità odierna e ordiranno nuove trame nel cielo? 

Oppure ci darà così tanto fastidio il ritorno di tanto rumore da spingerci a trovare un nuovo equilibrio tra modernità e tranquillità, che ci sproni magari a muoverci di meno, ad evitare spostamenti inutili di merci, ad utilizzare di più mezzi meno inquinanti, come ad esempio la bicicletta o una qualche forma di mobilità elettrica?

Mio nonno, ultranovantenne, già molti anni fa aveva una targhetta sulla sella della bicicletta che usava per andare nei campi. La targhetta, un semplice cartone mal sagomato e appeso tramite due sottili fili di ferro arrugginiti, recava queste parole, scritte con un pennarello nero a punta grossa:

“La bici non incuina”

Forse l’italiano non è perfetto, ma la saggezza di questo cartello più che mai si adatta a questo momento. E credo proprio che appena sarà possibile, anche la mia di bicicletta porterà lo stesso identico messaggio.

La Natura non ci è nemica, ci sta insegnando qualcosa, qualcosa che i vecchi Maestri già conoscono, sta a noi ora ascoltare il messaggio.

E non dimenticare.